martedì 10 agosto 2010

Marea nera, ecco che fine ha fatto il petrolio disperso



Come in ogni disastro che si rispetti, c'è sempre chi cerca di fare leva sull'igoranza della gente comune e dirigere la lor attenzione su problematiche più frivole in modo che il loro ego sia coccolato solo da cose belle mentre chi sbaglia veramente la fa franca. Ecco a voi una notizia su cui non si può e non si deve cambiare canale!


Alla notizia che Static Kill stesse funzionando e la marea nera fosse definitivamente bloccata, tutto il mondo ha tirato un sospiro di sollievo. Ma poi la BP è riuscita a rovinare anche questo momento trionfale con un’altra delle sue uscite fuori luogo. Secondo i portavoce della compagnia britannica,
tutto il petrolio è scomparso.


Stephen Colbert, comico e presentatore americano, ha detto (scherzando) che l’avrebbe trovato, ma pare che sia stato anticipato. Alla domanda “dove sono finiti i 150 milioni di galloni (oltre 568 milioni di litri) di petrolio scomparsi” risponde il New York Times con un grafico molto chiaro che troverete dopo il salto.


Qui a fianco il grafico dell'analisi del New York Times:

Dire che il petrolio è scomparso è un modo per far credere agli sprovveduti che il problema sia risolto, ma secondo quanto si legge dal grafico, per il 25% è stato rimosso (recuperato, bruciato o dissolto), per un altro 25% è evaporato, per il 24% è disperso (spesso con l’aiuto dei disperdenti tossici chimici che non sono proprio la soluzione più ecologica), e per il restante 26% è ancora lì da qualche parte nell’oceano. Come è facile capire, il petrolio non è affatto scomparso, ma per la maggior parte ha solo assunto un’altra forma.

Il più grande problema è che molti sottovalutano l’impatto che i disperdenti chimici hanno avuto nella rimozione del petrolio. L’AP (Associated Press) ha riferito oggi che i disperdenti sono stati responsabili di un sesto (circa 16%) della scomparsa della fuoriuscita di petrolio nel Golfo, molto più delle stime del New York Times, che tende a peccare per eccesso di cautela, che gli ha assegnato solo l’8%.

E come ha riferito Treehugger, c’è ancora un rischio per la salute piuttosto grave rappresentato da tutto quel petrolio che è evaporato in aria (smog, irritazioni ai bronchi e agli occhi, naso che cola, infezioni del seno, sintomi di tipo influenzale, ecc.). Quella stessa aria che i residenti lungo la costa del Golfo respireranno ancora per chissà quanto tempo. C’è solo un quarto dell’intera fuoriuscita che rappresenta una minaccia reale, secondo gli scienziati federali, ma i problemi a lungo termine derivanti da fonti indirette, ma ricollegabili al disastro ecologico, non sono per ora (e probabilmente non lo saranno mai) stimabili.

Font: blog Ecologiae, Treehugger, New York Times.

Nessun commento: