sabato 21 agosto 2010

Erika Lust e il porno al femminile, la rivoluzione dell'eros.

Da un po di tempo seguo con piacere quest'artista Erika Lust, svedese trapiantata in Spagna, è una regista e giornalista specializzata in film pornografici ed erotismo. È stata una delle prime a prendere di petto il mercato del porno stabilendo che le donne avevano bisogno quanto gli uomini di film in cui la gente facesse sesso vero, ma che era arrivato il momento di vedere le cose da una prospettiva femminile.

E così Erika Lust, fondando la Lustfilms ha iniziato a girare e produrre film dedicati ad un mercato diverso, quello in cui le donne vedessero concretizzati i propri sogni erotici. Con i suoi corto e lungometraggi ha ottenuto premi al Festival del Cinema Erotico di Barcellona, agli Erotic E-Line Awards di Berlino, al CineKink Festival di New York e al Feminist Porn Awards di Toronto. Erika ha continuato a promuovere una nuova pornografia attraverso il suo blog e i suoi articoli e ha pubblicato Per Lei, un libro finalmente tradotto in italiano dalla Lightbox per la collana Pink Books.

Nella concezione attuale del porno cosiddetto "al maschile" esistono una serie di clichés espressamente maschilisti che sono volti a dare al maschio l'illusione che tutto sia in mano sua e che il maschio stesso sia l'unica e la sola fonte di piacere per una donna. Questo porta ovviamente distorsioni e ad un errata comprensione dei meccanismi che invece suscitano l'eccitazione in una donna.

Vi traduco rapidamente un articolo di Erika Lust stessa che spiega la concezione classica e molto prevedibile del porno maschile: Predictable porn made by men e Good Porn: a woman's guide

Tra le altre cose, ho deciso di produrre un tipo differente di porno perchè ero stanca dei clichés sempre uguali che il porno maschile vuole far credere non solo agli uomini ma anche alle donne:


1. le donne portano i tacchi alti anche a letto
2. gli uomini non sono mai impotenti
3. quando gli uomini la leccano ad una donna, 10 secondi sono già più che sufficienti
4. se una donna viene masturbata da uno sconosciuto qualsiasi non urla e non scappa via impaurita, bensì insiste per avere sesso con lui (punto PERICOLOSISSIMO data l'intelligenza media dilagante oggigiorno, la gente poi lo prende davvero a modello)
5. ogni uomo ha almeno un litro di sperma quando viene
6. se ci sono due uomini che mentre fanno sesso con la stessa donna si danno il 5 la donna non è disgustata
7. le giovani e bellissime donne hanno una passione e vogliono assolutamente fare sesso con uomini vecchi e brutti (altro cliché molto pericoloso ma ormai una prassi purtroppo)
8. le donne hanno sempre un orgasmo quando lo hanno gli uomini
9. un pompino fa sempre venire un orgasmo ad una donna al fotofinish
10. tutte le donne fanno rumorose trombate
11. quelle tette sono reali
12. la doppia penetrazione fa sorridere sempre una donna
13. gli uomini asiatici non esistono
14. non esistono neppure uomini con pene piccolo
15. se piombi in mezzo ad una coppia che fa sesso tra i cespugli, il ragazzo non ti da 1000 pugnalate e non ti prende a mazzuolate nel groppone finchè non diventi il gobbo di notredame ma acconsente affinchè tu possa metterlo in bocca alla sua ragazza.
16. esiste una trama
17. tutte le donne vogliono essere schiaffeggiate sul posteriore
18. le infermiere succhiano sempre il pene dei loro pazienti
19. gli uomini vengono sempre fuori
20. quando la tua ragazza interrompe la sua migliore amica mentre ti fa un pompino quella si leva temporaneamente dai coglioni aspettando che tu le trombi entrambe
21. le donne non hanno mai maldiesta ... ne il ciclo
22. quando una donna succhia il pene ad un uomo, lui trova importante ricordargli a voce alta si succhiare
23. i culi sono tutti puliti e gustosi
24. le donne sono sempre piacevolmente sorprese e stupite quando aprono i pantaloni di un uomo e ci trovano un pene dentro
25. in ulimo, gli uomini non devono chiedere mai perchè le donne voglno farlo sempre.



Riporto infine alcuni articoli in merito ad Erika Lust e ad alcune interviste che le furono fate nel suo tour in Italia anche in merito alla pornopolitica attuale Italiana:

martedì 10 agosto 2010

Marea nera, ecco che fine ha fatto il petrolio disperso



Come in ogni disastro che si rispetti, c'è sempre chi cerca di fare leva sull'igoranza della gente comune e dirigere la lor attenzione su problematiche più frivole in modo che il loro ego sia coccolato solo da cose belle mentre chi sbaglia veramente la fa franca. Ecco a voi una notizia su cui non si può e non si deve cambiare canale!


Alla notizia che Static Kill stesse funzionando e la marea nera fosse definitivamente bloccata, tutto il mondo ha tirato un sospiro di sollievo. Ma poi la BP è riuscita a rovinare anche questo momento trionfale con un’altra delle sue uscite fuori luogo. Secondo i portavoce della compagnia britannica,
tutto il petrolio è scomparso.


Stephen Colbert, comico e presentatore americano, ha detto (scherzando) che l’avrebbe trovato, ma pare che sia stato anticipato. Alla domanda “dove sono finiti i 150 milioni di galloni (oltre 568 milioni di litri) di petrolio scomparsi” risponde il New York Times con un grafico molto chiaro che troverete dopo il salto.


Qui a fianco il grafico dell'analisi del New York Times:

Dire che il petrolio è scomparso è un modo per far credere agli sprovveduti che il problema sia risolto, ma secondo quanto si legge dal grafico, per il 25% è stato rimosso (recuperato, bruciato o dissolto), per un altro 25% è evaporato, per il 24% è disperso (spesso con l’aiuto dei disperdenti tossici chimici che non sono proprio la soluzione più ecologica), e per il restante 26% è ancora lì da qualche parte nell’oceano. Come è facile capire, il petrolio non è affatto scomparso, ma per la maggior parte ha solo assunto un’altra forma.

Il più grande problema è che molti sottovalutano l’impatto che i disperdenti chimici hanno avuto nella rimozione del petrolio. L’AP (Associated Press) ha riferito oggi che i disperdenti sono stati responsabili di un sesto (circa 16%) della scomparsa della fuoriuscita di petrolio nel Golfo, molto più delle stime del New York Times, che tende a peccare per eccesso di cautela, che gli ha assegnato solo l’8%.

E come ha riferito Treehugger, c’è ancora un rischio per la salute piuttosto grave rappresentato da tutto quel petrolio che è evaporato in aria (smog, irritazioni ai bronchi e agli occhi, naso che cola, infezioni del seno, sintomi di tipo influenzale, ecc.). Quella stessa aria che i residenti lungo la costa del Golfo respireranno ancora per chissà quanto tempo. C’è solo un quarto dell’intera fuoriuscita che rappresenta una minaccia reale, secondo gli scienziati federali, ma i problemi a lungo termine derivanti da fonti indirette, ma ricollegabili al disastro ecologico, non sono per ora (e probabilmente non lo saranno mai) stimabili.

Font: blog Ecologiae, Treehugger, New York Times.

sabato 7 agosto 2010

Painting on water

Che spettacolo!!! Non avevo mai visto questa tecnica di disegno... L'arte pesonale non ha proprio limiti...

venerdì 6 agosto 2010

la televisione che spiega l'Italia: Deejay.tv - "The lift"

la televisione che spiega l'Italia: Deejay.tv - "The lift": "Il gruppo editoriale l'Espresso s.p.a., proprietario del quotidiano Repubblica, del periodico l'Espresso, di 15 quotidiani locali, di radio ..."

Mappa animata delle esplosioni nucleari dal 1945 al 1998

Proprio come un lento Walzer dai movementi alti e bassi ritmici, tra un filosofeggiamento, uno studio scientifico e un opinione vorrei porre alla vostra attenzione un filmato, abbastanza inquietante che descrive in maniera grafica tutta la serie delle oltre 2.000 detonazioni nucleari dal 1945 alla fine degli anni 90...
Le immagini si commentano da sole:



Mi chiedo soltanto che modalità di sicurezza e di impatto ambientale sono state prese per queste sperimentazioni durante gli anni, rabbrividisco al solo pensiero di cosa possiamo essere ancora all'oscuro...

Cosa caratterizza secondo voi un vero artista, cosa lo rende veramente unico?

Stamattina entrando a lavorare mi sentivo contemplativo, guardavo gli effetti del forte temporale estivo di ieri, le strade piene di foglie, pozze d'acqua... un cielo per metà minaccioso con i suoi cumuli nembi e per metà splendente di riflessi del sole sul suolo bagnato...
Premesso quindi che l'unica vera artista è madre natura:





giovedì 5 agosto 2010

Come uno stato ottimista/pessimista influenza l'attività cerebrale e il decision-making

Ho trovato un articolo molto interessante sul funzionamento del cervello in particolari situazioni su cui mi piacerebbe dirigere la vostra attenzione in modo da discuterne insieme. In particolare mi ha interessato questa ricerca perchè dimostra (cose note da tempo) che effettivamente lo stato mentale positivo autoinduce un aumento di attività cerebrale e quindi una maggior probabilità di riuscita nelle nostre azioni (viceversa vale per uno stato negativo).
Io sono sempre stato dell' opinione che il nostro atteggiamento mentale è tutto, ci conduce al successo o all'insuccesso in ogni nostra azione (destino?), questa se vogliamo seppur parziale ne è una prova inconfutabile. Tra l'altro l'atteggiamento mentale positivo/negativo influenza anche l'umore delle persone di cui ti circondi e condiziona molto il tuo carisma, sarebbero cose molto importanti da sapere e insegnare a scuola, in modo da istruire in maniera emotivamente intelligente le nuove generazioni. Vedremo come le neuroscienze ci sorprenderanno in futuro..

Intanto ecco a voi la mia traduzione dei risultati della ricerca riportata su

Science Daily (Aug. 4, 2010):
Spesso ci chiediamo se riusciremo a raggiungere un obiettivo o se lo falliremo. Le conseguenze di vittoria o di perdita, influenzano direttamente il livello di impegno che la corteccia cerebrale umana deve fare per mettere in moto i circuiti neurali. Questo è il risultato che, stando ad uno studio del California Institute of Technology (Caltech), alcuni neuroscienziati sono giunti.

Il report della ricerca, coordinata da Richard A. Andersen (professore di neuroscienze del Caltech), è stata pubblicata sul numero di agosto di PLoS Biology.

La ricerca condotta nel laboratorio di Andersen aveva anche l'obiettivo di comprendere i meccanismi neurali che si celano dietro la pianificazione delle azioni e la presa delle decisioni (il tanto decantato decision-making).
Il laboratorio ha lavorato sullo sviluppo di dispositivi di protesi neurale impiantata (implanted neural prosthetic devices), che avrebbero la funzione di fare da interfaccia tra i segnali del cervello di persone paralizzate e le membra artificiali. Questo consentirebbe alle azioni pianificate dei pazienti di controllare il movimento degli arti.


In particolare, il gruppo di Andersen, si è focalizzato sull'area del cervello chiamata "corteccia parietale posteriore" (in inglese posterior parietal cortex, PPC), dove gli stimoli sensoriali vengono trasformati in intenzione di movimento.

All'interno di questo studio, Andersen e i suoi colleghi, hanno usato una tecnica di scansione di immagini a risonanza magnetica, per monitorare l'attività nella PPC e nelle altre aree del cervello dei soggetti che erano chiamati a compiere azioni complesse. Usando una "trackball" (come quelle del mouse per intenderci), i soggetti dovevano muovere il cursore verso un certo numero di zone su uno schermo di un computer, memorizzate in un ordine predeterminato.

"ai soggetti è stato dato un secondo di tempo per memorizzare la sequenza, 15 secondi per pianificare i loro movimenti in anticipo e poi solo 10 per completare l'azione." riporta Igor Kagan, il senior researcher fellow in biologia del laboratorio di Andersen e co-autore dell'articolo su PLoS Biology. "Abbiamo intenzionalmente creato una prova molto difficile, che io stesso non saprei svolgere".

I soggetti hanno ricevuto una ricompensa economica per aver partecipato all'esperimento, con i guadagni strettamente connessi ai risultati delle loro performance. L'ammontare di denaro che poteva venire guadagnata (o persa) variava da esperimento a esperimento. In uno di questi, ad esempio, il successo comportava la vincita di 5$ mentre il fallimento comportava la perdita di 1$. In un altro esperimento il successo valeva 1$ e la perdita 5$, in altri invece lo scarto era +5$ e -5$. I soggetti erano a conoscenza di queste condizioni economiche primadi ogni esperimento.

Prima di ricevere le ricompense i pazienti hanno evidenziato, tramite dei questionari post-test, come hanno percepito le loro performance. La cosa interessante è che questa percezione non era per niente correlata con le relative performance; gli individui dei gruppi che credevano di aver fatto una buona prestazione erano come quelli che avevano avuto una pessima prestazione e vice-versa.

Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che il pattern delle attività cerebrali nella corteccia parietale posteriore, era connesso a quanto bene i soggetti "credevano di aver svolto" gli esperimenti - quindi alla percezione soggettiva delle loro performance, più che alla loro prestazione oggettiva - così anche per il guadagno o la perdita economica attesa dal successo o fallimento.

Quanto duramente "si impegni" il cervello di un individuo per un obiettivo dipende moltissimo dall'approccio personale della persona. Per esempio, dice Andersen, "i soggetti ottimisti e che credono di stare facendo bene metteranno più impegno, (risulta parallelamente un aumentata attività nella loro corteccia parietale posteriore) quando si aspettano di ricevere un guadagno dal successo nell'esperimento. In maniera opposta, individui che credono di star andando male (i pessimisti) mostrano un attività cerebrale massima quando è massima la perdita economica per il fallimento del test.

"loro tentano duramente di evitare perdite e sembra interessargli meno del potenziale guadagno" aggiunge Kagan.

"Questo studio dimostra che i processi di pianificazione delle azioni è influenzato fortemente dalla nostra soggettiva, ma spesso sbagliata, idea di quanto bene stiamo facendo, cosi come per i potenziali guadagni o perdite" dice Andersen.
I risultati suggeriscono che le aree corticali coinvolte nella pianificazione delle azioni, lo sono anche nei meccanismi di presa delle decisioni e prendono in carico compiti cognitivi di alto livello, come i fattori soggettivi quando si decide tra le potenziali azioni.



L'articolo ha anche come ulteriore co-autrice la dottoressa Asha Lyer, la prima autrice dello studio, ora del Mount Sinai Medical School e il post-dottorando Axel Lindner, ora group leader dell'università di Tübingen.
La ricerca è stata finanziata dalla Gordon and Betty Moore Foundation, dalla James G. Boswell Foundation, e dal National Eye Institute.

mercoledì 4 agosto 2010

Burlesque, solo una moda o un opportunità?

Oggi vorrei portare alla vostra attenzione, dopo l'articolo sulla violenza contro le donne, delle considerazioni fatte partendo da alcuni articoli trovati sul web sul emergente stile burlesque.

Io trovo che il "Burlesque" possa rappresentare un'opportunità incredibile per la donna moderna per rilanciare un nuovo modello di femminilità. Fino ad oggi il dominante pensiero maschilista diffuso nella società non ha permesso alla donna di sentirsi a proprio agio con se stessa e con il suo corpo (mediamente parlando) e comunque ha imposto un modello adeguato al maschio che non deve chiedere mai (che diciamoci la verità è solo un invenzione creata ad arte come modello maschile da seguire).
Adesso sta nascendo un filone, il Burlesque appunto, che si fonda su un concetto diverso, su una riscoperta della bellezza di un corpo femminile seppur con delle imperfezioni (che qui preferisco chiamare particolarità) e sulla riscoperta di questa femminilità e identità di genere perduta. Una donna potrà riscoprirsi piena di sensualità e fascino acquisendo la necessaria sicurezza nella sua femminilità, come possiamo vedere dalle interviste riportate di seguito da un articolo molto interessante di "La Stampa"
Per le questioni di identità di genere rimando invece ad un interessante blog: "la televisione che spiega l'Italia"

Molti mi contraddiranno dicendo che non c'è nessuna novità è solo un altro modo di fare striptease, io credo che possa essere una base valida su cui l'identità di genere femminile può venire rilanciata e in questo modo possa cominciare a diffondersi un alternativa al modello maschilista attuale.

La nuova moda: corsi e stage
per scoprire il lato nascosto
della femminilità

di MARILENA VINCI
Sono donne tra i venti e i quarant’anni, studentesse o lavoratrici alla ricerca dell’autostima o di una femminilità perduta, in ogni caso della «joie de vivre»: è l’identikit delle «seguaci» del «Burlesque», un fenomeno che, nato negli Stati Uniti, è ormai globale ed è incarnato dal look un po’ «vintage» della modella Dita Von Teese, sbarcata in Italia per l’ultimo Festival di Sanremo.
La misura di questo exploit si ha non solo dal numero di spettacoli che si moltiplicano ovunque, ma anche dal fiorire di corsi per imparare le tecniche di seduzione per spogliarelli mai volgari, in cui a dominare non è tanto il nudo quanto l’autoironia. Imperativo di quest’arte, infatti, è sedurre con un mix di divertimento e di glamour dal sapore retrò.


In cerca di fiducia
«Ho scelto di studiare il “Burlesque” per trovare fiducia in me stessa e nel mio corpo - dice Maria Vittoria, 38 anni, designer -. Penso che l'intrigo, la seduzione e l’ironia che offre siano un approccio unico alla sessualità». Per Maricla, attrice trentacinquenne, invece, si tratta di «superare il limite dell’imbarazzo, tirando fuori la mia femminilità. Ma - aggiunge - è anche un modo per dare nuova verve alla propria fantasia». E così ha deciso di fare il grande salto e lanciarsi nella sua prima performance, a Roma, dove debutterà con il nome d’arte di Betty Cuore.
Basta intrufolarsi alle lezioni per rendersi conto di quanto il fenomeno di costume sia trasversale: dall’universitaria all’impiegata, dalla precaria alla stilista, il «Burlesque» attira una moltitudine di donne diverse non solo per età, ma anche per estrazione sociale e culturale. Ad accomunarle c’è sempre la voglia di riscoprire una femminilità addormentata dalla routine, che sottrae la giusta dose di leggerezza ed esuberanza. Chi cerca ossessivamente la perfezione fisica, infatti, dimentica che la seduzione è molto di più.


Un gioco per tutte
Seguire il «Burlesque» non significa ostentare un fisico perfetto, ma stuzzicare la fantasia (in inglese «teasing»): a volte basta mostrare una scollatura, esibendo un’arte assolutamente «democratica». I canoni estetici, qui, vanno all’aria: grasse o magre, formose o piatte, alte o piccoline, tutte possono avere il loro momento di gloria, purché a dominare siano la simpatia e l’originalità. Il primo «boom» del «Burlesque» è avvenuto agli inizi degli Anni 90, con la riscoperta di personaggi retrò come Betty Page, icona pin-up per eccellenza. Un fenomeno che in Italia ha appena avuto il suo momento di gloria con la più famosa performance di Dita Von Teese: quella, a Sanremo, del bagno nella coppa di champagne.


Ma da noi lo «streap retrò» è arrivato gradualmente: il primo a importarlo, nel 2007, è stato Attilio Reinhardt con BurlesqueItalia, progetto di diffusione che contempla, oltre alle esibizioni dal vivo, anche un sito online, un blog e un libro. Un’intuizione seguita da Alessandro Casella, direttore artistico del Micca Club di Roma, che, oltre a proporre spettacoli e un festival internazionale, ha creato un’Accademia. in cui le ragazze (e prossimamente anche i ragazzi) imparano a esibirsi e a costruire il loro stile, confezionando abiti e lingerie. Alcune allieve si esibiscono già in giro per Roma, dove sono fiorite negli ultimi mesi serate a tema. E a sbocciare sono anche i negozi, vere e proprie boutique di lusso in cui è possibile trovare tutto l’occorrente per trasformarsi in una «diva»: è il caso del raffinato ZouZou, ma anche di Misty Beethoveen.

Accademia a parte, c’è poi un corso, di poco più di un mese, che «inizia» le donne desiderose di imparare i primi rudimenti. Ad accompagnarle in questo percorso è Mademoiselle Agathe, che, dalla camminata allo sguardo, dal modo di sfilare un guanto alla calza (rigorosamente autoreggente!), svela alle donne l'arte della conquista attraverso un sapiente uso di malizia e di buon umore e le tecniche per stare in scena davanti al pubblico, insieme con la musica da scegliere e i piccoli-grandi «trucchi» del mestiere. Il segreto del successo del «Burlesque» è che «dà il potere di giocare con la propria fisicità con umorismo, anche con un corpo normale non perfetto o rifatto. - spiega Mademoiselle Agathe - Dà la soddisfazione di essere se stesse e di essere comunque seducenti». E’ una nuova forma di femminismo, insomma, in cui la donna si riprende consapevolmente il potere di giocare con il proprio fascino a suo gusto e con le carte a sua disposizione.

Ecco infine un video dimostrativo di cosa può essere il burlesque interpretato dalla star Norma Blu:



Spero di aver suscitato qualche curiosità e spunto di riflessione.

Joe.

lunedì 2 agosto 2010

Violenza sulle donne ed eccessi di testosterone...

violenza sulle donneOgni giorno si continuano a leggere preoccupanti storie di violenza contro le donne, uno dei più meschini e disgustosi atti che un uomo possa compiere. Siamo circondati da violenza, arroganza e competizione portati all'estremo. Non ho ne le competenze ne il tempo per arrivare alla soluzione del perchè si continuano a verificare notizie come queste,
però vorrei attirare la vostra attenzione su alcuni studi scientifici sul comportamento umano e su alcune colpe che la società ha...

Qualche giorno fa avevo tradotto e pubblicato un articolo di un gruppo di ricercatori, guidato dal Dott. Arthur Aron, professore di psicologia sociale della Stony Brooke University, che ha condotto uno studio su soggetti che avevano recentemente rotto la loro relazione e i risultati hanno dimostrato che il dolore e l’angoscia che questi soggetti provavano erano strettamente connessi alle aree del cervello che sono associate alla motivazione, alla ricompensa e addirittura alla dipendenza e assuefazione.

Se a questa scoperta aggiungiamo quest'altra, che approfondisce il perchè"la modestia maschile non è apprezzata ne dagli interlocutori uomini ne dalle donne", otteniamo un mix quantomeno pericoloso su cui costruire una società...
Infatti, in una società di origine maschilista come la nostra, sono individuabili due modelli distorti per il/la maschio/femmina moderno/a al di la dei quali una persona viene portata dalla società stessa a considerarsi fallita (l'ego di molte persone deboli e insicure per mascherare questo fallimento, che è solo virtuale, tende a crearsi alternative ai disagi creando tentativi di appartenenza in sottogruppi, della serie la logica del branco fa la forza, come gli alternativi, i truzzi, gli emo etc.. dipendenti anche molto dalla cultura, l'età e altri fattori).

Per il maschio è il modello di aggressività totale, di uomo che non deve chiedere mai, che non deve mostrarsi mai debole, timido o umile. In pratica la società di stampo maschilista in cui viviamo è come pervasa da un inno alla vigorosità portata agli estremi, come se si volesse legittimare di fronte ad un diverso genere che non sia il maschile i pregi di una tale dominanza. Da questa concezione non si fa fatica a riconoscere il perchè siano sempre più diffusi i problemi di impotenza, che nella maggioranza dei casi è di origine psicologica, o del perchè se uno crea un e-book di metodi di allungamento del pene diventa subito un prodotto "star" su e-bay.

La donna in questo subbuglio, complice anche il fatto che storicamente non ha mai avuto ruoli riconosciuti di cosiddetto primo piano (sono perfettamente consapevole del detto dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna anche se andrebbe precisato cosa viene inteso per "grande uomo" per potermi dichiarare favorevole o contrario...) e la innata e naturale esigenza di essere ammirata, è portata a seguire un modello che deve assolutamente corrispondere con i canoni (sempre in lenta ma costante evoluzione) che piacciono al maschio dominante e infallibile. La donna, se non raggiunge quindi la perfezione fisica dei modelli adatti al maschio infallibile, verrà invasa anche a livello subconscio da un insicurezza latente che la portano al non sentirsi mai adeguata (ovviamente tutto questo vale nella media, quando un uomo e una donna si amano, si sentono adeguati vicendevolmente ed acquisiscono una loro dimensione pensante staccata dalla media sociale). Anche li analogamente all'uomo, vi sono fenomeni di malessere e disagio diffuso, che possono sfociare in malattie vere e proprie come anoressia, bulimia e altre amenità.

In questo scenario, che in effetti sembra apocalittico, ci vorrebbe come in tutte le cose una soluzione più armonica in cui si cominci a premiare valori diversi e più realistici.
E' inutile che la società si dia dei modelli perfetti e invincibili come per esorcizzare la latente e diffusa paura della morte.
Per avere una società migliore io credo che ci debba essere alla base un modello di istruzione un po diverso, non esclusivamente basato sui risultati di aver fatto bene un esercizio o esserti ricordato a mente il teorema 2-bis a pagina 125 del libro X. Ci dovrebbe essere parallelamente all'insegnamento attuale un insegnamento che affronti tematiche sociali basilari come l'intelligenza emotiva del singolo individuo (bambino) all'interno del gruppo (la classe). Solo con una progressione in questo modo si riusciranno ad avere risultati radicali e un maggior rispetto non solo tra uomini e donne (evitando violenze inutili naturale reazione dell'uomo ferito dalla mortificazione o all'esaltazione del proprio ego), ma anche un rispetto maggiore di tutte le cose del creato e della natura (ovviamente a prescindere dalla fede di ciascuno di noi).

Joe.

[ Massa ] Ora c'è anche la gelateria a km 0. Il latte arriva dalla 'fattoria' - gonews.it

[ Massa ] Ora c'è anche la gelateria a km 0. Il latte arriva dalla 'fattoria' - gonews.it

Giro di boa

Sebbene possa girare il mondo,
mi sento chiuso,
in una gabbia in cui vuoi bene ai tuoi carcerieri,
vorrei imbarcarmi su un veliero ed entrare
in mare aperto.
Lasciarsi guidare dai flutti e dai venti.
Infine, arenarsi sulla spiaggia, la mia,
l'ultima.

Joe.